L'EREMO, accolto giuridicamente in diocesi dal 13 NOVEMBRE 2010, DAL 13 MAGGIO 2014, E' STATO AFFILIATO AL MONASTERO TRAPPISTA "MADONNA DELL'UNIONE" DI BOSCHI.
E noi desideriamo corrispondere sempre di più a questa grazia...con la vita e con il Silenzio dei fatti.
* * * * * VIENI CON NOI, SE ASCOLTI IL SIGNORE CHE TI VUOLE CON LUI, PER SE'! VIENI, SE DESIDERI LA VITA, SE SPERI NELLA GIOIA -E ANCHE SE DISPERI.VIENI, LASCIANDO OGNI TIMORE, OGNI PAURA,
CREDENDO NELLA PATERNITA' E MATERNITA' DEI SANTI -che hanno accolto la luce e la grazia di Cristo e hanno dato testimonianza della sua forza, della loro libertà in Lui e della loro appartenenza a Lui-, perché sempre di nuovo il Signore ci viene incontro attraverso persone nelle quali traspare (cfr. Enc. Deus Caritas est, 17); CREDENDO NEL VALORE DELL'ESPERIENZA DEI FIGLI DELLA CHIESA.
TI INVITIAMO ALL'EREMO PER UN INCONTROCON DIO CON L'AIUTO DEI CISTERCENSI DEI TEMPI PASSATI E PRESENTI.
2 settembre: Celebrazione eucaristica seguita da PICCOLA OPERA LIRICA di Artisti umbri e non -
Roberto Servettini; Carla van Tongeren; Angiolo Lisetto; Nicoletta Tuteri; Argentino Pagliacci, e la pianista prof.ssa Nadia Calzoni.
13 maggio 2012, STA MESSA, celebrata all'Eremo dal Nostro Vescovo, con il Parroco don Gerardo, e animata dal Coro Euridice di Bologna (cfr. foto sotto) che, dopo la liturgia, diretto dal Maestro Scattolin, ha eseguito un magnifico Concerto. Questo il programma: Perotinus (sec.XII-XIII) Alleluja nativitas; G. Pl. da Palestrina (1525?-1594) Super flumina Babylonis (1584); C. Cortellini (1561-1630) Letanie della B.Vergine di S. Luca, a 5v. (1615); J.S. Bach (1685-1750) Lobet den Herrn, alle Heiden, BWV 230; B. Britten (1914-1976) A Hymn to the Virgin (1930 - rev.1934); F. Biebl (1906-2001) Ave Maria; G. F. Ghedini (1892-1965) O vos omnes; Arm. G.Vacchi (1932-2008) Santa Lucia; Arm. G.Vacchi Fa la nana; P.P. Scattolin (1949) Hodie christus natus est.
Tutti portiamo nella preghiera, invocando conpadre Romano: "Santa Maria nel Silenzio, Regina della Pace e dell'Amore, intercedi, affinché il Sorriso della Pace-Amore risplenda su tutti i tuoi figli, incominciando da quelli radunati oggi nella Chiesa di Montelovesco, perché siano la Gioia del Signore, segno della Gloria di Gesù e del Padre [cf. Gv 17,10 e 15, 8]".
Abbiamo avuto la grazia di ospitare suore appartenenti a diverse Congregazioni ... il Signore ci concede di vivere la vita fraterna e di incrociare con altre il Dono e il cammino dellapreghiera.
Oramai è comprovata nel tempo la comunione congli Amici di p. Romano, di Lamon.Con loro, venuti in più riprese e in diversi Gruppi,meditiamo sugli Scritti dell'eremita Romano Bottegal. E quanto riceviamo! Anzitutto, la Gioia di constatare la silenziosissima ed incisivapresenza dell'eremita "lamonese", che, anche dalla e nella nostra Umbria, si sta facendo conoscere!
Al fianco della Chiesa dell’Eremo santa Maria nel Silenzio –pietra che è simbolo di Cristo- c'è una PIETRA con incise le parole Pace e Amore, la formula di benedizione dell’eremita Romano.Questa benedizione esprime l’augurio e il contenuto della preghiera che assicuriamo a chi viene all’Eremo. Pace e Amore: si potrebbe desiderare di più?Pace è risposta al bene, quello che abita nel Progetto di Dio; pace è il bene che viene dal dimorare nella volontà di Dio; pace è stabilità e sicurezza. La pace è come un’orma dell’amore del Signore. Ebbene, la pace può cominciare anche ora, se ci si abbandona nelle mani di Dio, sentendosi da Lui amati, pensati e voluti dall’eternità. Ma questo esige due atteggiamenti di base: umiltà e gratitudine. L’umiltà, perché la pace non è un possesso, e non è mai assicurata dai rischi, da cadute, da insicurezze e da paure, ma è un dono, ciò che suppone gratitudine: per quanto abbiamo ricevuto, per quanto siamo, per quanto saremo. Le vostre monache.
Ricordiamo infine che “Cristo è la nostra pace” (Ef 2,14), e che “Dio è Amore” (cf. 1 Gv). Il Nostro Dio dunque, dandoci Se stesso, ci dona Pace e Amore, la Pace dell’Amore, la pace che viene dall’amare e dal saperci infinitamente amati, la pace invocata da fratelli ed amici su chi sale a Gerusalemme, la pace che è Cristo, Figlio di Dio, e l’amore stesso di Dio, lo Spirito Santo.
Quando la Chiesa dell'Eremo siriempie di silenziosa preghiera ... la nostra gioia monastica è anch'essa piena: per questa semina di silenzio,e la constatazioneche, forse attratte anche dal luogo,osano avvicinarsi anchepersone che, abitualmente,non frequentano la Chiesa.
Padre Romano Bottegal ci insegna che occorre essere riconoscenti per tutto: la preziosità, la sacralità di tutto è tale per cui anche le briciole vanno accolte con riconoscenza. Anzi, è la gratitudine a riconoscere il valore delle cose, e anzi...il grazie conferisce ad esse un plus- valore. Come con l’amore e la gioia –appunta l’eremita-, come con il perdono anche con il grazie “noi riusciamo a realizzare un elemento che non è materia ma sopra la materia… un elemento universale, fuori del tempo”; “un elemento che conferma il bene, distrugge (ripara) il male”. “La realizzazione di questo elemento: è, in pratica, Dio raggiunto da noi” (Nota 196). Con la gratitudine raggiungiamo a Dio, elevando a Lui non solo noi stessi ma anche ciò per cui ringraziamo. Essa è liberante e santificante: dilata il cuore. E’ questo lo spirito che ci muove a dire ora a voce alta il nostro grazie…
Grazie per il quadro di Mariette LYDIS Incontro del Cristo con le donne sulla Via dolorosa, regalato alla Chiesa dell'Eremosanta Maria nel Silenzio dai carissimi vicini, sigg.ri von Erdely.Il quadro è una splendida raffigurazione dell’ottava stazione della Via Crucis, allorché Gesù incontra le donne di Gerusalemme che si battono il petto e fanno lamenti su di lui e dice loro «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli». Attraverso questa raffigurazione pittorica prende consistenza tutta una ricchezza di significati. Il quadro rappresenta un insieme di dolore e di sofferenza infinita, in cui tutti i colori scuri esprimono la capacità profonda ed autentica dell’arte di parlare, mettendo in risalto la figura luminosa del Cristo, lasciandola viva, eloquente, parlante.
L’opera manifesta l’essenza, la verità profonda della Passione, perché non è tanto la filosofia quanto l’arte a rivelare l’essenza delle cose (così secondo il grande filosofo Heidegger).
Il Cristo esprime in ogni punto del corpo, nel Suo atteggiamento –specie con la Sua mano protesa-, e nel Suo sguardo, dolore e richiesta di comprensione, di partecipazione ai sentimenti più intimi, al personale sacrificio, alla propria immolazione, dono di redenzione dell’uomo. Il Cristo condannato chiede ma non rimprovera (quando esorta le Figlie di Gerusalemme a non piangere su di lui). E’ Lui che aiuta… per portarci alla salvezza.
Si nota che la mano del Cristo si protende ma rimane vuota, quasi a sottolineare quanto il Signore attende da noi: che accogliamo la redenzione, il Suo Sacrificio per essa.
Eccezionale il significato del corpo e del ginocchio piegato: insegna all’uomo l’accettazione della volontà del Signore, che è sempre di Bene.
Questo Cristo stremato palesa tutta la fatica del Suo cammino doloroso, con la Croce. Nei due pali massicci della stessa, è raffigurata e concentrata la durezza del Suo procedere. Sotto i piedi nudi poggiati sulla pietra, trascorre la solitudine del Condannato e passa il silenzioso richiamo della terra, la stessa prossimità della morte. Ed è la solitudine che il Cristo prova come Dio e quella che accusa come Uomo: solitudine infinita, incommensurabile, perché Maria SS.ma, Sua Madre, e il discepolo prediletto, san Giovanni, sono sì insieme al Cristo, ma alle spalle, impotente compagnia, non efficace umanamente ma solo e pienamente sul piano soprannaturale. Difatti, Maria e Giovanni così discretamente rappresentati, sono uniti al Cristo, profilandosi dietro le quinte, in silenzio, in totale nudità, eppure in una comune sofferenza e preghiera, in comunione.
Il significato delle due figure alle spalle rafforza tutta l’attitudine del Cristo, il suo sentire: Egli le sostiene in verità, le porta sulle spalle! Si evidenzia che è Lui stesso la forza della condivisione che desidera dall’uomo.
I piedi in rilievo e luminosi del Cristo invitano a camminare con Lui, dietro di Lui, così da raggiungere la meta, quella indicata dalla Sua passione e morte.
Davanti al Signore sono tre donne, quelle delle quali il Vangelo ci dice “che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui”. Nell’interpretazione della pittrice, Gesù, incurvato e piagato, è proteso verso di esse con il gesto, con il braccio e la mano sollevati e parla loro con tutto il suo essere più che con la voce (sappiamo che dice loro: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli… Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?»). Intenerito dalla partecipazione delle donne, il Cristo ha staccato una mano dalla Croce per rispondere a Colei che ha dinanzi. Questa assieme all’altra è già immersa nel rosso, nel sangue del Redentore. Con la terza, infine, il gruppetto inonda il cammino del Condannato di pietà, smorzando la ferocia di una esecuzione ingiusta, e ricordandoci che siamo tutti figli, usciti dall’abbraccio di una mamma.
Lo sguardo supplice del Cristo è rivolto a chi Lo guarda, rivelando i sentimenti profondi che lo accompagnano sulla Via dolorosa e quasi spiegando il senso della Sua morte: condotto al patibolo, Egli è dispiaciuto per il male che si fa chi lo crocifigge, invita a riconoscere il nostro male nel Suo, e, in questo, il Suo amore per noi.
Il quadro nell’insieme è chiamata all’offerta silenziosa e al pentimento; è sollecitazione aduna fede, ad una pietà che divenga conversione permanente, e non resti soltanto sentimentale;
è composto, serio e solenne avvertimento circa la serietà del peccato –che esige il prezzo della vita, il sangue!
L’opera non lascia indifferenti. Coinvolge il nostro essere, che attende, invoca il Redentore e il Suo amore infinito. Suggerisce a ciascuno di conservare ed approfondire il proprio rapporto con la verità, per non perdere se stesso.
Gesù ha vinto il Male, recuperato il destino umano -di GLORIA-, ma occorre che l’uomo con umile e tenace volontà accetti di vivere di Lui, con Lui, dietro di Lui. La gloria del Cristo è la realizzazione di questo traguardo.
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A Montelovesco l’ACQUA NON C'ERA. Si è dovuta trovare con speranza, continuando a scavare… Ed è venuta fuori, dalla pietra: acqua sorgiva! Acqua squisita, montana!Un segno… e fornisce ancheuna risposta ad una sete che non è soltanto biologica ma si proietta verso le ricchezze dell'esistenza interiore. Con ciò che segue si tratteggia lo sfondo e la prospettiva della nostra gratitudine al Signore per il dono dell’acqua, con la successiva realizzazione di un pozzo in pietra, evidenziazione materiale del nostro desiderio, della nostra sete di acqua viva.
L’acqua è un simbolo importante, che va compreso in tutta la sua realtà, perché è nella sua interezza che si riflette e si esprime l'armonia della sua causa prima.
Simbolicamente l’acqua è bisogno di fluidificare. L’acqua è un elemento che si agita facilmente, si increspa, si altera e poi impiega tempo per ritornare tranquilla. Può perdere limpidezza; nascondere insidie,sparire inghiottita dal terreno o dilagare. L’acqua ha l’orgoglio di essere senza confini, senza barriere. L’acqua può essere sorgente, fiume, nebbia, vapore, nuvole, pioggia, neve, ghiaccio, mare. All’acqua, nella simbologia, viene associata la Luna, cioè la parte femminile dell’essere umano (sia uomo o donna). L’anima, lo spirito, la mente, la capacità percettiva, la sintonia con l’ambiente. E’ massima sensibilità, intuizione, emozione profonda. La parte femminile èdisponibile ad accogliere i sentimenti, è distacco da ogni fatale terrestrità. Significa anche disponibilità al dialogo.
Facciamo dapprima qualche accenno biblico e cispostiamopoi in ambito cistercense.
● Si legge in Gn 1,2: "La terra era sterminata e vuota e lo spirito di Dio si librava sulla superficie delle acque" (Gn 1, 2). In questo versetto, incontriamo per la prima volta la parola acqua e la parola Spirito: lo Spirito di Dio. I due termini li troviamo insieme. L’acqua, nella Scrittura, è simbolo di realtà profonde. Anzitutto, dalla necessità dell'acqua si desume la necessità di Dio: il profeta esorta “anche chi non ha denaro venga ugualmente" (l'acqua si doveva spesso acquistare). L'acqua che Dio offre è sempre disponibile. Attingere acqua significa ascoltare. L'acqua è la parola del Signore senza la quale Israele non esisterebbe. Quando il popolo ha cercato altre acque, ha prestato ascolto ad altre parole, Dio sta in silenzio. E’ il primo elemento senza il quale non si può vivere, al punto che la mancanza di acqua fa dubitare dell'esistenza di Dio perchè mette in pericolo la sopravvivenza del popolo. Una terra ricca di acqua è segno della cura di Dio per il suo popolo.
L'acqua inoltre è essenziale nei riti di purificazione. Essa approfondisce il suo significato simbolico insieme al concetto di peccato (impurità come situazione a cui solo Dio può trovare rimedio, purificazione = creazione). Cristo stesso si presenta come acqua viva. Il Battesimo del credente è in acqua e spirito: l'acqua simboleggia il dono dello spirito. Chi non beve l'acqua di Dio non può conoscere Dio.
● L’acqua del pozzo: luogo di incontro d’amore - Il pozzo, luogo di acqua viva, assicura la vita a uomini e animali nel deserto (ם ימה ראב [be’ēr hammāyim]: l’acqua del pozzo); - Gen 24,11 “[Eliezer] Fece inginocchiare i cammelli fuori della città, presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera, quando le donne escono ad attingere”.
Per il quarto evangelista ancora, Gesù è l'autentico pozzo di Israele dal quale scaturisce un fiume di acqua viva (Gv 7, 37-39; 19, 34; cf. 1 Cor 10, 4). E nella letteratura sapienziale è comune presentare la Sapienza come una corrente di acqua viva (Sir 15, 3 - 24,20; cf. Bar 3,12). Inoltre, i saggi israeliti, senza essere psicanalisti, conoscono bene la relazione tra l'acqua e l'ambito erotico e sponsale (cf. Prov 5, 15-18; 9,17; Sir 25,25; 26,12; Cant 4,12-15). Gesù, lo Sposo annunciato dal Battista, è venuto a cercare con gioia (Gv 3,29) la sua sposa samaritana, simbolo del popolo religiosamente prostituito, ma che ha saputo riconoscerlo e abbracciarlo come Salvatore del mondo. La donna di Samaria ha imparato dal Signore Gesù che un desiderio più grande può relativizzare i piccoli desideri; d'altra parte, non sa come arginare l'acqua del torrente affettivo, avendo dei "mariti" che la allontanano dal Signore. Non più schiava di costoro, la samaritana ci insegna a riconoscere la sete che ci invade, a confidare nell'amoredel Signore, ad appassionarci per Lui e per il suo Regno, senza anteporre nulla all'amore di Cristo! (RB 4,21 e 72,11).
Il desiderio è, metaforicamente parlando, una bocca dalla sete inestinguibile che ci costituisce come esseri umani, sete che ci fa tendere e cercare la pienezza e la gioia nella comunione (da questa struttura basica ci apriamosoprattutto nella dimensione affettivo-sessuale, nell'ambito del potere-avere-sapere, e nella dimensione religiosa e trascendente). La cultura occidentale medioevale ha saputo porre il desiderio al servizio della ricerca di Dio e dell'incontro con lui (la cultura occidentale nord-atlantica contemporanea, invece, promuove i desideri umani per manipolarli commercialmente). Il desiderio di Dio, costitutivo dell'essere umano (non frutto di una scelta volontaria), si fonda sull'esperienza dell'assenza: incentivato e purificato dall'alternanza tra presenza e assenza, trova compimento nella vita eterna.
La mistica cistercense è un’esperienza del mistero cristiano, fondata sul mistero dell'Alleanza con Dio espresso con la simbologia sponsale (dove la sponsalità è il dono reciproco in comunione feconda). Nel medioevo, san Bernardo interpretando il Cantico dei Cantici, commentando la richiesta Baciami con i baci della tua bocca, chiede: Chi lo dice? La sposa. Chi è la sposa? L'anima assetata di Dio (Sermoni sul Cantico 7,2).
● Potremmo dire che, passando dal Primo al Secondo Testamento, la quantità d’acqua diminuisce, ma aumenta il suo valore simbolico: dall’enorme quantità primordiale fino a quella che sgorga dal costato di Gesù (cf. Gv 19,33-34: “Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua”). In quelle “gocce” c’è tutto l’amore di Dio per la creazione, ma esse sono anche le Sue lacrime per la morte del Figlio… e si mescolano al sangue: un’effusione di grazia che proviene dal Sacrificio (cf. Gv 1,16: “Dalla sua pienezza noi tutti ricevemmo e grazia su grazia”).
● I cistercensi, per l’impostazione stessa della loro vita, scelsero normalmente dei luoghi ben irrigati, dove canalizzavano l’acqua per poter coltivare, evitando perciò la realizzazione delle loro fondazioni sulle colline. Bernardus valles, colles Benedictus amabat, Franciscus vicos, magnas Dominicus urbes.
Tra i cistercensi e l’acqua c’è una relazione particolarissima, e dal valore simbolico. Tale elemento era presente nella toponimia delle loro abbazie: Fontenay, Trois-Fontaines, Fontfroide (Fons frigida), Aiguebelle (Aquabella), Belaigue (Bella aqua), Auberive, Haute-Fontaine, Aubepierre, Bonnefontaine, Bonaigue (Bona Aqua) e addirittura Sénanque (Sane aqua o sine aqua?)... E l’acqua fluì per le valli di Claraval (Claravallis), Vauluisant, Vauclair, Le Val, Bonnecombe, Valsauve, Valsainte, Bellevaux, Bellecombes, Bonneval, Bonnevaux, Valbonne e Valbenoite.
Qualora il luogo lo consentiva, l’acqua pura non proveniva dal ruscello e nemmeno dai canali aperti dai monaci, ma da una fonte al riparo da ogni contaminazione, canalizzata fino al chiostro, di fronte all’entrata del refettorio. Tale acqua, simbolo di quella purezza ricercata in tutto dai figli di Cîteaux, giustificava anche il lusso di una fonte ben disegnata e non solo l’installazione di un piccolo deposito.
►San Benedetto, nella Regola, richiama il valore simbolico dell’acqua, indispensabile per testimoniare un’umile carità (cf. la lavanda dei piedi), accogliendo nell’ospite Cristo e, con lui, la misericordia di Dio: Sia l’abate a versare acqua sulle mani degli ospiti; egli ancora, con tutta la comunità, lavi loro anche i piedi. Compiuto questo atto, tutti insieme dicano: ‘Abbiamo ricevuto o Signore la tua misericordia nel tuo tempio’ (RB 53, 12-14).
►Per san Bernardo (Sermone, Le cinque fonti), l’acqua rimanda: alla fonte della misericordia – al perdono; alla fonte della sapienza – al discernimento; alla fonte della grazia – alla devozione, per curare le piante delle buone opere; infine, alle acque del fervore, slancio verso la fonte dell’Amore, acque alle quali, con riferimento alla vita presente, allude il profeta Isaia quando dice: Attingerete con gioia alle fonti della salvezza. |