La spiritualità cistercense si attinge dai documenti primitivi: due versioni del Piccolo esordio (storia degli inizi) - il Grande esordio (fine del XII sec.) - e due della Carta Caritatis, oltre a tre lettere di Santo Stefano Harding, il terzo abate di Citeaux. [I foto: i tre Fondatori]
Da questi testi si possono dedurre i principali elementi della spiritualità:
Il culto, per così dire, della Regola di san Benedetto, da intendersi come una ricerca di verità e di autenticità di vita monastica. Nella Regola sono consigliate anche le fonti della vita spirituale: la Sacra Scrittura e gli scritti dei Padri della Chiesa, il pane quotidiano dello spirito.
La solitudine, che, oltre a permettere l'osservanza della Regola, deve garantire l'otium monastico, cioè il tempo libero dagli affari, da dedicare a ciò che è propriamente umano.
L'amore di Cristo per essere "poveri col Cristo povero", in una povertà non solo materiale, ma che è anzitutto imitazione dello spogliamento di Cristo, e che porta alla semplicità e alla sobrietà della vita (incluso nella liturgia e nelle costruzioni).
Dalle opere di molti monaci scrittori del XII secolo, possiamo individuare una spiritualità comune, notevole per la coerenza della dottrina e l'unità interiore tra la teoria e la pratica della vita monastica.[II foto: san Bernardo]
I Cistercensi, conformemente a san Benedetto, vedono il monastero come una scuola del servizio divino, dove si impara la ricerca e l'esperienza di Dio, e dove ci si esercita ad abbandonare tutto ciò che può impedirla od ostacolarla. La scuola monastica è qualificata: Scuola di Cristo, del Salvatore, dello Spirito Santo; scuola di amore, di pietà, di virtù, di umiltà; etc.
Ecco che cosa si insegna in questa scuola:
La conoscenza di sé: già i filosofi esortavano a questo. Per i Cistercensi, seguendo la tradizione dei Padri, l'uomo ha un'altissima dignità: è creato ad immagine e somiglianza di Dio e chiamato a vivere con Lui. Ma è lo stesso uomo che, a causa del colpa originale di Adamo, ha perso la somiglianza con Dio e offuscato la sua immagine. Egli, tuttavia, benché nel disordine del peccato, conserva le capacità innate di conoscenza e d'amore e un'aspirazione al bene, che è, almeno implicitamente, rivolta al bene supremo, Dio. L'uomo può, quindi, ritornare a Lui più con un atto d'amore che con la sua ragione.
L’ascesi con l’aspetto di rinuncia a tutti i desideri disordinati e di esercizio che dà la possibilità, la capacità di rientrare in se stessi per scoprire, mediante le virtù monastiche dell'umiltà, dell’ubbidienza, del silenzio e della carità fraterna, la capacità di conoscere ed amare Dio.
Il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Cristo, unico mediatore tra l'uomo e Dio, è, nella sua umanità particolarmente venerata, il modello, l'uomo perfetto che il monaco dovrà imitare per restaurare la somiglianza originale con Dio. Il risultato della scuola monastica è l'esperienza di Dio, descritta in diversi modi: visione di Dio, unione spirituale con Dio, pace e riposo in Lui, gioia, giubilo e contemplazione.
Questo amore di Dio è verificato nella carità fraterna, nel servizio reciproco richiesto dalla vita monastica.
Tutta nella spiritualità cistercense, laspiritualità della nostra comunità è:
▪ escatologica: poiché tutta la vita dell'uomo tende alla visione di Dio, tutto ciò che l'uomo vive deve sempre essere ordinato alla realtà ultima e definitiva;
▪ liturgica: è in questa dimensione che si realizza il carattere escatologico, che si rende presente il mistero della realtà ultima (è importante un’intensa partecipazione alla vita liturgica e sacramentale, prediligendo soprattutto l’Eucaristia);
Vogliamo adorare Dio in spirito e verità (cf. P. Romano). E con il Santo Padre Benedetto XVI, evidenziamo il nesso intrinseco tra il nuovo culto spirituale, il Mistero eucaristico e l'azione liturgica (cf. Es. Ap. Sacramentum Caritatis, n. 5), punto che tocca la sensibilità ortodossa e va incontro ai fratelli protestanti.L’esistenza cristiana, dunque monastica, è culto spirituale (cf. ibid. nn. 70-71) ed ha forma eucaristica (cf. ibid. n. 76; inoltre, cf. nn. 70, 71, 76, 77, 80, 82, 84), cioè è sacramentale: sulla base dell’azione eucaristica non c’è più separazione assoluta tra sacro e profano. Il culto a Dio non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma tende a pervadere tutto, così che ogni particolare dell’esistenza è vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio. La gloria di Dio è l'uomo vivevnte (cf. 1 Cor 10,31),e la vitadell'uomo è la visione di Dio (ibid. n. 71). Imparando ad offrire il "proprio corpo", cioè tutto se stesso, come sacrificio vivente santo e gradito a Dio (Rm 12, 1-2), il monaco può compiersi pienamente. Proprio perché e in quanto l’esistenza cristiana –monastica-, ha forma eucaristica, ha una forma ecclesiale e comunitaria (n. 76).
▪ contemplativa: il carattere contemplativo dice l'aspetto soggettivo, ossia la personale partecipazione dell'uomo al mistero di Dio (il carattere escatologico e liturgico dicono invece l'aspetto oggettivo). La vita contemplativa implica prima di tutto il rapporto dell'anima con Dio e il monaco è chiamato a vivere e a testimoniare il primato di Dio su ogni cosa. La solitudine del contemplativo è il seno di Dio in cui essa deve portare l'universo;
▪ ecumenica: se la Chiesa visibile, benché povera ed umile in sé, è il segno dell’unità ed universalità di un mistero salvifico che abbraccia tutto (come povera cosa sono il pane e il vino, eppure segno della presenza del Corpo e del Sangue di Cristo), ed è mezzo divinamente efficace che compie la glorificazione di Dio nella salvezza dell’universo (perciò che dà un senso a tutta la vita del mondo e a tutta la storia che trasporta nel seno di Dio, suo riposo, fine e compimento), l’unità di tutti in questa vita può essere solo interiore, e deve essere interiore nell’Amore, nell’accettazione di tutto e di tutti -come si desume dalla vita e dagli Scrittidi Padre Romano- (ma nell’assoluta fedeltà alla Tradizione cattolica, senza pretese di operare un’unione che sarebbe sempre un compromesso).
La nostra vocazione è questa: divenire una cosa sola con Gesù.
Che Gesù sia veramente la gioia unica della nostra esistenza,
l'unico nostro amore.
LA FUNZIONE DELLA NOSTRA COMUNITÀ NELLA CHIESA
Non ci proponiamo altro se non l’impegno a vivere la vita umana trasfigurata dall’unione con Dio, in una fede pura e un amore ardente per il Signore, sino ad arrivare al punto in cui veramente la vita umana comune sia anche la vita che manifesta più intensamente la presenza di Dio nel mondo.
L’aspetto eremitico è importante perché per la vita spirituale occorre anche una certa libertà.
Secondo la Regola (cf. RB 73) e secondo le autorevoli interpretazioni che ne hanno dato i Padri cistercensi, il monachesimo è un percorso definito finché la libertà è ancora in difetto, bisognosa di criteri per la scelta, ma quando si è giunti ad una vita spirituale autentica, cioè interamente guidata dalla mozione immediata dello Spirito, si aprono altri orizzonti.
E infatti, quando lo Spirito prende possesso dello spirito dell’uomo, gli dona una libertà regale, libertà che è il frutto ultimo e il fine supremo dell’obbedienza monastica, libertà che potrebbe situare la persona fuori quadro (cf. la vita spiritualis di Guglielmo di Saint-Thierry –o anche la vita monastica di san Bernardo!- e, più tardi, la chiamata eremitica di Romano Bottegal).
L’eremo è figura del mistero della Chiesa. In esso non si antepone nulla alla lode della gloria del Padre. Con tutta la sua vita, il monaco risponde ogni giorno alla grazia della salvezza compiuta da Cristo, prendendo su di sé la propria croce, per portare con lui a compimento quello che ancora manca alla sua morte e risurrezione, per consumare con lui la propria pasqua (cf. P. Romano).
Al cuore del mistero della fede, l'umile sacrificio del monaco, compiuto nel nome di Gesù, è posto alla radice della vita e della fecondità della Chiesa. Una certa separazione dal mondo e l'assenza di opere specifiche di apostolato contribuiscono alla concentrazione di tutte le forze della persona nella ricerca di Dio e nell'offerta semplice e incondizionata della propria vita, nelle mani del Padre.
Tutta l’organizzazione dell’Eremo, che nella sua vita comunitaria cerca di adattarsi sempre meglio alla legge suprema del Vangelo, ha il fine che i membri si uniscano intimamente a Cristo, perché solo nel profondo amore di ciascuno per lui possono fiorire i doni peculiari della vocazione personale.
Immagine della Chiesa, la comunità monastica è luogo di comunione e di preghiera con tutto il popolo di Dio, servendolo nell’umiltà e nel segreto della sequela di Cristo. I suoi membri saranno beati solamente nella vita semplice e nascosta, laboriosa e ospitale, se non antepongono assolutamente nulla a Cristo, il quale ci conduca tutti insieme alla vita eterna.
All’Eremo ci si impegna a vivere in comunione e a partecipare al vivo desiderio dell’unità, che, come Cristo, ha consumato Padre Romano Bottegal.
Vivendo con fedeltà vita monastica e per la segreta fecondità apostolica che gli è propria, con un’accoglienza fraterna che condivide con gli ospiti anzitutto la ricerca di Dio, si serve il popolo di Dio e tutto il genere umano.
La Chiesa della Comunità e tutti i membri dell’Eremo sono consacrati alla SS.ma Vergine Maria, Madre e Figura della Chiesa nella fede, nella carità e nella perfetta unione con Cristo.
Santa Maria nel Silenzio is an expression of the mystery of the Church, where nothing is preferred to the love of Christ for the praise of the Father’s glory. We strive to remain in harmony with all the people of God and share their desire for the unity of all Christians.
By fidelity to our monastic way of life, which has its own hidden mode of apostolic fruitfulness, we perform a service for God’s people and for the whole human race.
Life at Santa Maria is ordered to bring us into close union with Christ, since it is only through the experience of the personal love of the Lord Jesus that the specific gifts of the Cistercian vocation can flower.
"Whatever the object of my prayer,
I never pray or worship you in vain;
the very act of praying brings me rich reward.
Teach me then, Holy Spirit, to pray without ceasing,
that you may grant me to rejoice unceasingly in you."
(William of St. Thierry, Cistercian Author of the 12th Century) |